Da tempo è allarme sulle nanoplastiche. Ma un recente studio tratteggia una situazione ancor più grave di quanto pensassimo.
Negli ultimi anni, la crescente consapevolezza riguardo all’inquinamento da plastica ha portato l’attenzione verso una nuova minaccia ambientale: le nanoplastiche. Queste minuscole particelle, più piccole dei tradizionali frammenti di microplastica, stanno emergendo come una preoccupazione sempre più significativa per la salute umana e l’ecosistema in generale. Ma, concretamente, quanta plastica “beviamo” ogni giorno? Lo studio che inquieta.
Le nanoplastiche sono particelle di plastica con dimensioni inferiori ai 100 nanometri, invisibili all’occhio umano. Si formano principalmente attraverso il deterioramento di materiali plastici più grandi o vengono deliberate come ingredienti in prodotti di consumo come creme solari, cosmetici e detergenti.
Queste particelle sono onnipresenti nell’ambiente, trovandosi in mari e oceani e addirittura nell’aria che respiriamo. Si accumulano anche in sedimenti, suoli e in organismi viventi, creando così una presenza diffusa e potenzialmente dannosa.
Per quanto riguarda la salute umana, le nanoplastiche sollevano preoccupazioni riguardo alla possibilità di penetrazione nel nostro corpo attraverso l’ingestione, l’inalazione e il contatto cutaneo. Studi preliminari suggerirebbero che queste particelle potrebbero causare danni cellulari, infiammazione e altri problemi di salute.
Quanta plastica “beviamo” ogni giorno? Lo studio
La diffusa consapevolezza della contaminazione dell’acqua potabile da parte di frammenti di plastica è un fatto noto e, purtroppo, sempre più “accettato” nella società contemporanea. Tuttavia, un nuovo studio ha sollevato ulteriori preoccupazioni, evidenziando la presenza di nanoplastiche, particelle ancora più piccole dei tradizionali frammenti di microplastica, nelle bottigliette d’acqua.
Secondo questa ricerca, condotta e pubblicata su Proceedings of the National Academy of Sciences, le quantità di plastica nell’acqua in bottiglia, se si considerano i frammenti di dimensioni nanometriche, potrebbero essere da 10 a 100 volte superiori alle stime precedenti. Questo studio ha utilizzato una tecnica avanzata di analisi microscopica chiamata spettroscopia di scattering Raman, che ha permesso agli scienziati di individuare particelle di plastica con dimensioni pari o superiori ai 100 nanometri.
L’analisi è stata condotta su campioni di acqua in bottiglia provenienti da tre diverse marche statunitensi, e i risultati hanno rivelato la presenza di un’ampia quantità di nanoplastiche, che costituivano il 90% delle particelle trovate. In media, sono state individuate da 110.000 a 370.000 nanoplastiche per litro d’acqua.
Uno dei tipi di plastica più comuni trovati nelle nanoplastiche è il PET (Polietilene tereftalato), comunemente utilizzato per la produzione di bottiglie. Tuttavia, molte nanoplastiche erano costituite da poliammide, un tipo di nylon utilizzato nei filtri che dovrebbero purificare l’acqua prima dell’imbottigliamento.
Secondo Wei Min, coautore dello studio, nonostante la massa totale delle nanoplastiche individuate sia inferiore a quella delle microplastiche, il numero elevato di nanoplastiche rappresenta una preoccupazione significativa, poiché le particelle più piccole sono più facilmente assimilate dall’organismo umano. Gli scienziati intendono estendere le loro ricerche ad altri tipi di acqua, compresa quella del rubinetto. Questa scoperta solleva ulteriori interrogativi sulla sicurezza dell’acqua potabile e sull’impatto delle nanoplastiche sulla salute umana. È evidente che ulteriori studi e interventi sono necessari per affrontare questa nuova minaccia ambientale e proteggere la nostra salute e il nostro ambiente.